Il Governo alla Toscana

Nei disciplinari del Chianti e Chianti Classico si fa esplicita menzione del “governo all’uso toscano“.

 

Fu il Barone Bettino Ricasoli, tra il 1834 ed il 1837 a divulgare la composizione da lui ritenuta più idonea per ottenere un vino rosso piacevole, frizzante e di pronta beva che sarebbe poi diventata la base della composizione ufficiale del vino Chianti: 70% di Sangioveto (denominazione locale per il Sangiovese), 15% di Canaiolo, 15% di Malvasia; e l’applicazione della pratica del governo all’uso Toscano.”

Per ottenere un Chianti governato in periodo di vendemmia si deve prendere una parte di uva, la più sana e matura, meglio Sangiovese che Canaiolo, raccoglierla in anticipo e lasciare i grappoli per sei settimane, disposti su graticci, all’aria perchè appassiscano. Pigiate, queste uve producono un mosto che aggiunto al vino che ha appena terminato la fermentazione ed ha bruciato tutti gli zuccheri fa partire una seconda fermentazione, prolungata sino a primavera.
Il vino che si ottiene può essere messo in commercio entro l’anno successivo alla vendemmia e a differenza della moderna scuola di Chianti, intesi come vini di grande corpo che si evolvono dapprima in botte quindi in bottiglia per durare svariati anni, è un vino che gioca tutte le sue carte sulla freschezza, la piacevolezza, la vivacità del fruttato.

 

Un metodo antico, quello del governo, fondamentale quando le nozioni tecniche e le attrezzature di cantina erano empiriche, ma ancora oggi, nell’epoca delle temperature di fermentazione controllate e del Chianti new style (corposi, strutturati e con lunghi passaggi in legno), meritevole di essere conservato come ricordo di tradizioni vinicole del passato. 

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